copertina "Costa Paradiso" secondo Giuseppe Banchieri.
Dal dipinto "Ricordo d'Estate" 1969. Particolare.
A Maria compagna di un sempre più lungo viaggio.
PREFAZIONE
Ritengo sia utile prima di iniziare la lettura di questa breve storia, leggere quanto segue.Ho scritto i tre racconti di memorie in tempi diversi e per quanto io ricordi, senza prendermi la briga di rileggere in modo adeguato, tutto ciò che sull'argomento avevo già scritto.
Inizialmente era nelle mie intenzioni, una volta che questa storia fosse stata collocata nel sito, ci rimanesse assieme a tutti gli altri scritti, che con il tempo, senza quasi rendermene conto, sono divenuti un vero e proprio diario nel quale è normale si scriva tutto ciò che si pensa. Tra tutti si supera tranquillamente i sessanta racconti. Dovevo prendere una decisione o riunire questi ultimi in un unico racconto, con il rischio che essendo stati scritti in tre periodi diversi, addirittura a distanza di anni tra di loro, avrebbero perso di spontaneità, o lasciarli tali e quali come erano nati e così ho fatto.
Inoltre mi scuso se lo scritto è dichiaratamente personalizzato,
ma d'altronde la sua lettura era destinata ad una stretta cerchia
di persone per lo più parenti e non destinati come poi sta succedendo
ad un pubblico più vasto.
Inoltre, chiedo venia se ho omesso di ricordare qualche nome,
che magari ne avrebbe avuto diritto a pieno titolo, ma quaranta
e più anni di vita trascorsa, lasciano lungo la strada questo
ed altro e io come è naturale, mi sono limitato a ricordare le
persone con le quali maggiormente ho avuto modo di frequentare
e conoscere. Voglio precisare che alcune foto sono
datate e così automaticamente si evita qualche ipotetica, anche
se improbabile, presa di posizione di qualche buon tempone.
Dico questo perchè dopo qualche anno che era iniziata questa
lottizzazione pareva un privilegio non da poco far parte della
cerchia dei primissimi e arrivati molto spesso i secondi o i terzi
ecc. ecc. erano diventati i primi. Io non me ne sono mai occupato,
ma dato la circostanza, chiariamo una volta per tutte.
Il primo gruppetto in assoluto era composto in primis dai coniugi
Grasso e a ruota seguiva la famiglia Guerrieri e il tedesco
Bacman. Le prime abitazioni a Costa Paradiso sono due
precisamente quelle che vi vedono nelle foto e che datano Luglio
1968. Punto e basta.
In ultimo dirò quale è stata la molla che mi ha spinto a trasferire
i racconti anche su questo volumetto cartaceo.
Ho letto in più occasioni che nelle persone succedute nel corso
degli anni a Costa Paradiso c'era rimasto il desiderio di sapere,
come era nata, chi l'aveva scoperta e valorizzata, insomma
la curiosità di sapere sia pure per sommi capi, la sua storia.
Non tutti avevano un computer, magari per scelta o altri perchè
non ne avevano sufficiente dimestichezza, cosi ho pensato
di dare anche a queste persone, la possibilità di avere una risposta
alle tante domande che si saranno poste sulle origini di
questa bella località.
Non ho altro da aggiungere che augurare una buona lettura, almeno lo spero.
Costa Paradiso(uno)
Nel 1968 avevo raggiunto, o almeno all'epoca così
mi parve, il più bel sogno che potessi desiderare:
avere una casa al mare, in Sardegna.
Quasi casualmente un paio di anni prima ero venuto a
conoscenza della lottizzazione che si stava effettuando
in Gallura nel golfo dell'Asinara, su una fascia di
costa che già avevo avuto occasione di conoscere ed
apprezzare per la sua selvaggia bellezza.
Fin dai primissimi anni sessanta avevo fatto amicizia
con alcuni giovani di Tempio Pausania per la stessa
passione che ci accomunava, la pesca subacquea e
con una barca che prendevamo a nolo all'isola Rossa
dai pescatori del luogo, costeggiando verso nord e
superando punta Canneddi si arrivava a quella che
un giorno sarebbe diventata Costa Paradiso. Qualche
volta ci accompagnavano alcune ragazze che mai si
dimenticavano di portarsi da casa un recipiente, o
meglio un paiolo e all'ora del pranzo con l'ausilio di
un fuoco improvvisato che veniva acceso sugli scogli,
cucinavano il brodicchio. Le Granseole che qui
vengono chiamate Capre di mare, infatti pascolano
sul fondo marino, e in Primavera risalgono per venire
a depositare le uova in acque più calde. In genere
noi le pescavamo tra i quindici ed i venti metri di
profondità scendendo in apnea e catturandole con le
mani, altrimenti, usando il fucile avremmo disperso
in mare gran parte delle uova di cui erano piene, ingrediente
indispensabile per la preparazione di questo
delizioso piatto.
In seguito frequentando ancora questa zona, ebbi
l'opportunità di conoscere alcuni corallari che venivano
a fare la stagione proprio in queste acque.
Erano quattro amici che in Primavera partivano da
Livorno con la loro barca, arrivavano all'Isola Rossa
facendo base al Corallo, unico albergo da Castelsardo
a S.Teresa di Gallura. Loro si immergevano con i
respiratori ad aria compressa per fare corallo, mentre
io mi contentavo di pescare ma in apnea. Ricordo che
andavano molto profondo e per la decompressione
erano costretti a fare lunghe soste a venti ed a tre
metri dove in precedenza avevano fissato con delle
cime ancorate alla barca, altre bombole.
Per quel poco che sapevo allora, mi meravigliavo delle tabelle di decompressione che usavano specie quando ripetevano l'immersione nel pomeriggio. Le sapevo non corrispondenti ai limiti di sicurezza. Naturalmente non ne facevo mistero e ne parlavamo, ma le risposte erano sempre evasive e non convincenti. Credetti di capire che loro si basavano più che altro sulla personale esperienza acquisita nel corso degli anni, che non mi convinceva affatto.
All'isola Rossa nel 1962 con il pescato di una giornata fortunata.
All'isola Rossa nel 1962 altra pescata,
mio figlio Marco con il suo primo pesce
Con Marco nel 1962 con nello sfondo l'Isola Rossa:
nel paese quattro case e un albergo.
In seguito avendo conosciuto altri corallari, capii che
tutti o quasi usavano più o meno gli stessi criteri ma
avendo l'avvertenza, almeno chi lo poteva, di tenere
a bordo una camera di decompressione e nelle ore di
relax ci si introduceva, magari a leggere il giornale
od un libro e così facendo pareggiava il conto ammesso
ce ne fosse stato bisogno. Ma se fosse capitata
un embolia ad uno di questi livornesi, la camera di
decompresssione più vicina era a S.Teresa di Gallura...
Purtroppo dopo alcuni anni mi fu detto che uno
dopo l'altro erano tutti morti proprio di embolia. Non
so fino a che punto questa brutta notizia fosse vera,
ma una cosa è certa, negli anni a venire, non li ho più
incontrati.
Queste mia puntate in Sardegna le facevo una volta
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l'anno e avevano la durata di tre o quattro settimane,
il tempo necessario per proporre il campionario di
abbigliamento ai vari clienti che mi ero fatto. Lavoravo
sodo cinque giorni della settimana e gli ultimi
due li dedicavo al mio sport preferito.
All'epoca c'era già la litoranea che portava a S.Teresa
di Gallura ma era disastrata in modo impressionante
e pure interrotta per mancanza di un ponte. In
pratica chi in auto proveniva da Castelsardo non poteva
raggiungere S.Teresa e viceversa. Comunque da
questa strada si poteva raggiungere la costa che poi
sarebbe stata lottizzata. Ad un certo punto, seguendo
un sentiero appena tracciato, certamente usato da
pastori della zona, attraverso il sottobosco, c'era da
percorrere a piedi un paio di chilometri ancora e si
arrivava al mare. La costa d'Inferno poi divenuta Cosata
Paradiso.
A piedi in una brutta giornata del 1962,
nel luogo dove dopo qualche anno sorgerà
Costa Paradiso.
La feci una sola volta ma fu sufficiente a convincermi che era molto più semplice arrivarci via mare con una barca, dall'isola Rossa.
Quando venni a sapere della lottizzazione, tornato a
casa ne parlai con mia moglie Maria ed un giorno, si
era in pieno inverno, la convinsi e partimmo.
Andammo in auto a Roma e dall'aeroporto di Ciampino
prendemmo un aereo. In volo sembrava di essere
su un caccia, non su un aeromobile di linea, i vuoti
d'aria non si contavano, ma come Dio volle, atterrammo
ad Alghero dove ad attenderci c'era Matteo, amico
e a quell'epoca collaboratore alla mia attività per la
Sardegna.
Una volta sul posto, le dissi che un lotto comunque
l'avrei acquistato, ma se lei non era convinta, anziché
costruire mi sarei accontentato di venirci a passare le
ferie in roulotte od in tenda. Non ce ne fu bisogno,
accettò di buon grado il mio programma di costruirci
una villetta, ma credo che lo facesse per non contraddirmi,
non certo per convinzione. Basta pensare che
quando provammo a dare un occhiata in giro, c'era
un maestale così forte, che faticammo non poco a
scendere verso il mare e la sua visione era allucinante.
Si pensi che tutta la scogliera e i faraglioni sparivano
ai nostri occhi sotto l'impeto delle onde, per poi
riapparire con la risacca per scomparire nuovamente.
In seguito quando mi capitava di sentir chiamare questa
zona dai locali Costa d'Inferno, non potevo non
pensare a quel nostro primo giorno, quando la natura
si era scatenata con inaudita violenza, dando appunto
l'impressione di una visione dell'inferno dantesco.
Forse anche per questo motivo che gli isolani non acquistavano
e se ne stavano alla larga. Cominciarono a
farsi vivi nel mio ricordo, molti anni dopo.
Comunque, è da quel giorno che ebbe inizio la mia
avventura di Costa Paradiso.
Dovessi, sia pure per sommi capi, dare un idea di
come fosse composta la squadra che caratterizzò
l'ossatura per la costituenda Costa Paradiso, per
quanto ricordi direi:
A parte i finanziatori, almeno da me sconosciuti, ma
ritengo lo fossero per tutti, il capo indiscusso era il
commendator Tizzoni, alle cui dirette dipendenze
c'era la sua segretaria personale la Pepita, che praticamente
filtrava e trasmetteva le sue decisioni. C'era
poi un gruppetto di giovani geometri sardi alle dirette
dipendenze del più esperto geometra Stella trasferitosi
appositamente dal continente ( ricordo l'amico
Suelzu l'unico tecnico poi rimasto in loco). L'impresa
Pola formava la fanteria, gli idraulici Dino e Nando
erano battitori liberi ed il Comita se debbo usare il
gergo militare, rappresentava le salmerie, con l'unica
differenza che il materiale lo trasportava quotidianamente
da Trinità D'Agultu a Costa Paradiso, non a
dorso di mulo ma con un mezzo meccanico. Infine
c'erano alcuni addetti all'ordine interno prelevati in
zona guardie giurate, che erano nel libro paga della
comunità come ritengo lo siano ancora.
La prima fase dell'acquisto era la prenotazione del lotto; si cominciava a pagare non sapendo esattamente cosa si comprava, perché la scelta dei lotti veniva fatta in un secondo tempo in ordine di prenotazione, senza poi contare che tutto si basava su promesse: strade che non esistevano, niente acqua né luce, non parliamo poi di fognature, telefono ecc.
Quando venne il mio turno, era già passato un anno
e la scelta non fu facile. Dovunque posavo l'occhio o
erano lotti già prenotati o c'era sempre qualche ostacolo
che mi impediva di concretizzare.
Dopo vari ed inutili tentativi, visto che come alternativa
mi si proponeva lotti nella parte alta e lontana dal
mare, (pensare che se io avessi potuto avrei costruito
su uno scoglio) ormai senza convinzione, indicai un
punto che ritenni corrispondere ai miei desideri. "E'
l'ultimo tentativo che faccio" dissi a me stesso "e se
mi si creano altri cavilli, rinuncio".
L'addetto a queste trattative era la segretaria tutto
fare, la Pepita, e fu a lei che mi rivolsi «voglio questo».
Mi rispose che non era possibile perché vincolato
con altri tre lotti adiacenti, tutti posti su una
curva tra due strade.
In parole povere se volevo quel lotto avrei dovuto
comprarne quattro. Pensai che era lo spauracchio per
distrarmi ancora una volta verso altre zone, così non
mi detti per vinto e replicai "li compro tutti e quattro".
A questo punto cosa altro poteva obiettare la Pepita?
Assolutamente niente. Ingoiò il rospo, almeno
così credetti e mi presi quei quattro lotti.
Inizio dei lavori per la costruzione della villa.
Questa foto porta la data Maggio 1968.
Sono in compagnia di Luce, moglie di Dino
Grasso. Una visita veloce per controllare
l'andamento dei lavori alla villa.
La mia villa sempre in fase di costruzione.
In seguito ebbi la conferma che era tutta una scusa;
cercavano nel limite del possibile di non assegnare
quei lotti che ritenevano migliori, per poi rivenderli
in un secondo tempo, quando sarebbero costati molto
più cari. Non potevo dare loro torto. Era la conferma
di quando un giorno qualche anno dopo, il commendator
Tizzoni, ebbe a confidarmi: "Il nostro vero guadagno
sono gli ultimo cento lotti."
Finalmente poco dopo, potei dare inizio alla costruzione
della mia villa nella quale ritengo di averci
passato tante vacanze tra le più belle della mia vita.
Non era ancora ultimata del tutto che nel Giugno del
1968 ci venni a villeggiare con moglie e figli.
Sulla foto Settembre 1968. Rientro nel continente da Golfo Aranci
dopo
la prima vacanza passata a Costa Paradiso,
con Maria e i miei figli Marco e Olivia.
In tutto il territorio di oltre cinquanta ettari, quell'anno
sulla piana vicino al mare ci abitavo io con la mia
famiglia ed il colonnello Grasso e sua moglie, mentre
la terza persona in senso assoluto, era il tedesco Bacman,
che aveva preferito andare nella casa del pastore,
l'unica costruzione preesistente. Intanto l'acquedotto
in gran parte era stato costruito, come pure erano state
tracciate le prime strade, ma mancava la luce che fu
portata solo anni dopo.
Questo a mio modo di vedere, non era un problema,
anzi rendeva quei luoghi ancor più affascinanti e l'aggiunta
di quel pizzico di mistero ci permetteva di viverlo
e goderlo appieno, come una bella avventura.
C'erano gli ampi spazi, i grandi silenzi e quello stupendo
mare che dava la sensazione dell'infinito. Tutto
contribuiva a darci l'impressione di vivere in quell'ambiente
come fossimo dei precursori, dei pionieri.
Ho sempre desiderato chiedere ai miei due figli,
Marco all'epoca aveva dodici anni e Olivia cinque,
che ricordo avessero di quei luoghi visti con i loro
occhi di allora, senza mai farlo. Chissà che tipo di
esperienza si saranno fatta dentro di loro e se quelle
sensazioni che avevo provato io erano state le stesse,
magari decuplicate nella loro visione di ragazzi.
Ricorderanno quelle lunghe serate estive quando seduti
sui gradini di granito antistanti il patio, stavamo
tutti e quattro con il naso rivolto all'insù, nel buio più
completo ed in quel grande silenzio mostravo loro tra
miriadi di stelle, la luminosa Venere, il Gran Carro,
il piccolo Carro, la Stella Polare e poi quella piccola
e lontanissima luce che qualche volta vedevamo e
che si muoveva provocando in loro, anche se in parte
da me sollecitate, le più esaltanti congetture. Era un
modo come un altro per allargare il fronte delle loro
fantasie di adolescenti e stuzzicarne il desiderio di
sapere.
Per me in quel paesaggio unico, in quella natura ancora
incontaminata, c'era tutto. Rocce rosse granitiche
che erano altrettante sculture, insenature e piscine
naturali, isolotti e faraglioni che la sera quando
ormai il sole era al termine del suo percorso, lanciavano
la loro lunga ombra su un mare che ancora brillava
di mille luci ed il solo guardarlo ti appagava. Poi
la continua scoperta di un paesaggio sempre nuovo,
di gran fascino e carico di mistero.
Cosa c'era di più bello quando al mattino, ancor prima
dell'alba mi alzavo, andavo in mare e mi godevo
lo spettacolo delle prime luci del giorno. Attendevo
che il sole nascosto dalle colline soprastanti facesse
capolino e solo allora messa la maschera, pinneggiando
molto lentamente per non alzare spruzzi e
non fare rumore, scrutavo il fondale che attimo dopo
attimo prendeva sempre più colore e vita. All'apparire
di un pesce, una breve iperventilazione, la capriola
e giù. Era stupendo.
Non era raro in quegli anni carpire dalla superficie immagini similari
Dopo un anno le ville erano una ventina, e in tre anni
eravamo una piccola comunità. Dopo un anno o due,
fu deciso di effettuare un assemblea per prendere
certe decisioni, non ultima quella di portare la corrente
elettrica a Costa Paradiso. Venne organizzata
in un albergo romano e la prima proposta messa ai
voti fu proprio quella. Io come del resto tanti altri
votai per il no, ossia niente luce, ma fu inutile. Il destino
di quella zona battezzata dal comm.Tizzoni con
il nome di Costa Paradiso, ormai era segnato. La luce
era progresso ed il progresso non si ferma; avrebbe
portato con se tutto il bene, ma anche tutto il male di
questo mondo.
Sono passati quasi trent'anni ed in piena stagione
oggi si contano oltre diecimila presenze, compreso
il mio nipotino Ruben che proprio ieri ha telefonato
dicendomi che una sera, mentre se ne stava seduto
sui gradini di granito antistanti il patio a guardare le
stelle, ha visto muoversi nel cielo un oggetto luminoso
che mi assicurava trattarsi di un ufo.
E' proprio vero che tutto si ripete, nei tempi, nelle
azioni ma soprattutto nella fantasia e nei sogni dei
ragazzi ed era quello che aspettavo. Ormai le sue piccole
mani hanno afferrato il testimone e non lo molleranno
più, se non quando a sua volta, voglia Iddio il
più tardi possibile, non avrà trovato altre mani pronte
a riceverlo. Così la vita continua. (dal 1960 alla metà
degli anni 90.)
Costa Paradiso(due)
Sono ritornato in Autunno a Costa Paradiso come del
resto ho sempre fatto in questi ultimi vent'anni, evitando
in tal modo la calca e la calura estiva, ma con
uno spirito che era diverso dal passato. Me ne sono
reso conto quando, ricordando cose e fatti di vecchia
data, specie quelli che ormai ritenevo dimenticati,
non provavo più la gioia del ricordo sia pure sempre
nell'ambito di una vena nostalgica. Ora quasi era una
sofferenza non del ricordo fine a se stesso, ma della
consapevolezza dell'impossibilità di poterlo nuovamente
ripetere o realizzare.
Diciamo pure senza parafrasi ma con franchezza che
avevo la consapevolezza ormai di essere, come si usa
dire, alla frutta.
Quanto tempo è passato dal giorno che mi decisi di
acquistare dei terreni in quella zona che successivamente
fu chiamata Costa Paradiso. Si era nella seconda
metà degli anni sessanta non c'era assolutamente
niente, strade, poca acqua, non parliamo poi
della luce che era ancora nella mente di Dio, mentre
per le altre due si cominciava già muovendo qualche
cosa e si poteva intuire che nel giro di qualche anno
l'acqua non sarebbe mancata e le strade anche se
bianche, almeno le più importanti, ci sarebbero state.
Il territorio di Costa Paradiso come già detto, nel tempo
aumentò per nuovi acquisti di terreni confinanti
fatti da Tizzoni, a volte ritenuti necessari per accaparrarsi
le sorgenti d'acqua ai confini, a volte come
successe quando Costa Paradiso era ormai una realtà, per sua espressa volontà, per ricordare ai posteri,
diceva lui, come era una volta Costa Paradiso prima
del così detto progresso, acquistò a Sud oltre l'albergo
Li Rosi Marini, tutto il terreno fino alla spiaggia
Li Cossi inclusa. Ritengo ora siano circa 80-90 ettari.
Non poche volte negli anni successivi mi sono sentito
dire che comprammo con con pochi soldi e nessuno
ricordava che acquistavamo è vero un bel pezzo di
costa, ma praticamente senza niente e tutto si basava
sulla promessa. Non sapevamo neppure cosa e dove
avevamo la proprietà perchè l'assegnazione dei lotti
avvenne dopo un certo periodo, attraverso un criterio
di precedenza sulla scelta, a mio avviso giusto, ma a
dir poco dubbio nella sua realizzazione.
luta,
costruita dall'impresa Pola con progetto dell'architetto
Battigalli Junior e con moglie e figli ci passai
la prima estate. Ricordo che arrivammo e contrariamente
agli accordi, la villa non era ancora del tutto
sistemata e fu necessario usufruire dell'ospitalità di
Tizzoni che ci sistemò nella foresteria costruita proprio
per ospitare i potenziali acquirenti. Negli anni
credo la acquistasse il Comita e ora mi pare che a
piano terra ci sia un ristorante.
Quell'anno, oltre la mia famiglia c'era la coppia Luce
e Dino Grasso con il bassotto (figlio a quattrozampe)
e Bacman, un tedesco anche lui con il suo inseparabile
pastore tedesco Wolff e saltuariamente apparivano
pure moglie e figlia per poi nuovamente sparire. Lui
si era sistemato alla casa del pastore, l'unica costruzione
preesistente e mi pare di ricordare che la villa
la costruisse in un secondo tempo, mentre i coniugi
Grasso i primi in assoluto, avevano costruito nella
piana più in alto della mia villa, che invece ci trovava
a non più di cento metri in linea d'aria dal mare.
Costa Paradiso, Luglio 1968. Dalla villa di Dino Grasso
alla mia villa più a mare.
Le uniche due all'epoca esistenti.
La strada provinciale per arrivare all'ingresso di Costa
Paradiso, era più che altro un percorso di guerra,
tutta buche. Mi ricordava quelle stradette interne tra
Anzio e Nettuno nella zona dove erano sbarcati gli
americani durante la seconda guerra mondiale che a
volte mi capitava di percorrere nell'immediato dopo
guerra per lavoro.
Inoltre proseguendo verso S.Teresa di Gallura dopo
pochi chilometri dal nostro bivio, un ponte da tempo
crollato, impediva di proseguire: Arrivare a S.Teresa
di Gallura era impossibile.
Si entrava nella lottizzazione al cui ingresso c'era
una sbarra che permetteva il passaggio solo ai proprietari
e alle persone autorizzate.
I curiosi, chiamiamoli così venivano fatti entrare e
potevano visitare la costa solo se accompagnati dalle
"veline" dell'epoca. (Ragazze incaricate di accompagnare
i visitatori e riportarli all'uscita).
Maria dopo il Maestrale, alle ricerca del sereno che non si farà molto
attendere.
(Estate 1968)
Per la luce la sera ci arrangiavamo con le candele o
con lampade a petrolio. Io avevo fatto predisporre un
piccolo impianto a gas, ma ebbe breve vita, perchè
una sera prese fuoco e solo per un colpo di fortuna,
riuscii ad evitare un incendio alla casa. Non sono
mai riuscito a capirne il vero motivo, ma senz'altro
era dovuto all'incompetenza di chi l'aveva costruito.
Comunque per non avere altre sorprese, fu cosa saggia
rinunciarci. Il frigo che pure andava con la bombole a gas, per la verità non dette mai fastidi, chiara
dimostrazione che il difetto stava nell'impianto.
Naturalmente non esistevano negozi di nessuntipo,
neppure per comprare del pane o qualsiasi altra cosa
di prima necessità. Alla bisogna del tran tran di tutti i
giorni provvedeva Addis conosciuto come il Comita
che tutti i santi giorni scendeva da Trinità D'Agultu,
portandoci le ordinazioni fatte il giorno precedente e
prendendone di nuove. Aveva fatto un accordo con
il commendator Tizzoni, che in pratica il suo sacrificio
del momento, in un prossimo futuro sarebbe stato
ricompensato e credo che all'epoca mai il Comita
avrebbe potuto immaginarne il risultato che fu ben
superiore ad ogni più rosea previsione. Infatti i primi
frutti non tardarono ad arrivare già nei due o tre anni
successivi, come pure per l'impresa edile Pola alla
cui direzione fino allora c'era stato il fratello maggiore
Mario al quale gli subentrò l'altro fratello Zonza
che così veniva chiamato, perchè a quanto pare
in gioventù il suo mestiere preferito era di andare a
Zonzo alla ricerca di avventure galanti. intendiamoci,
mi scrivo a quello che sentivo dire. In seguito fu
nominato presidente della comunità e ci rimase per
molti anni. Ritengo sia stato un buon presidente.
Ma il Deus ex machina dell'impresa Pola era Giovanni
Antonio che nel suo mestiere, non c'era problema
che non fosse in grado di risolvere. Dall'alto
del suo trattore giornalmente percorreva in lungo e
largo il territorio di Costa Paradiso, dispensando ordini
e consigli.
La piana di Costa Paradiso nel 1970 c. si notano le strade bianche
da poco tracciate
e qualche abitazione nella piana
Anni 1970-71. A passeggio sulla piana, Maria, Marco
con i coniugi Grasso e un amico
Tra le prime costruzioni fatte, ricordo la villa di Felli,
un toscano come me e per di più originario di Viareggio
e la sua Gloria che faceva notizia essendo stata
da giovane una ballerina di Macario, poi quella
dell'ammiraglio Padolecchia, altro toscano originario
di Massa e non posso certo dimenticare, le due
dei bolognesi cosi li chiamavamo senza fare distinzione
di nome pur essendo due famiglie, poi quella
di Madama Asquette, francese doc che all'inaugurazione
della sua villa,vennero amici dalla Francia e
addirittura alcuni ballerini dalla Spagna. Mi spiegò
che per loro era una festa importante,la chiamano
La Cremaier che è il gancio attaccato alla catena che
scende dal camino al quale viene attaccato il paiolo
di rame. Un modo pittoresco per evidenziare il forte
legame dell'evento con il nucleo familiare.
Venne e costruì l'ingegner Dolcetta, con sua moglie
Maria e figli. Con loro i nostri buoni rapporti proseguirono
ben oltre il periodo di permanenza in loco, con
incontri a Lucca ed a Roma, nostre e loro residenze.
Poi vennero i Litman, i Belgi, il Genovese Europeo,
il professore Acornero, Il fiorentino Scotti, la famiglia
Braccale e tanti altri. Se posso usare una similitudine
fu come una sorgente che forma un rigagnolo
d'acqua che si ingrandisce piano piano trasformardosi
in un ruscello e infine diventare un fiume in piena.
Quasi tutti costruirono sulla Piana.
Nel mese di Luglio del 70 mi ci volle poco per convincere
Dino Grasso ad effettuare un giro di qualche
giorno che poi si protrasse ulteriormente, con il mio
gommone e non ci fu modo di esentare mio figlio Marco dal parteciparVi. Praticamente da Costa Paradiso
costeggiando e risalendo a nord, arrivammo alle bocche
di Bonifacio raggiungendo e navigando attorno
l'arcipelago della Maddalena. Avevamo fatto una sosta
di due giorni all'isola di Budelli con l'autorizzazione
del comm.Tizzoni che all'epoca ne era proprietario, poi
raggiungemmo Porto Cervo. Di questa avventura ne ho
parlato ampiamente sul mio sito alla pagina "In gommone
sulle Bocche" e debbo dire che il finale non fu dei
più eclatanti. Fu in un certo qual modo il mio battesimo
di navigatore, perchè poco dopo, acquistai una barca a
vela di Mt. 9,50 il PAGUDI con la quale ebbi modo di
spaziare in lungo ed in largo la Corsica e le nostre isole,
con particolare riferimento all'arcipelago toscano e ovviamente
alla Sardegna, a tal punto che nelle Bocche
di Bonifacio con attracco al porticciolo di S.Teresa di
Gallura, ero di casa.
Nella seconda metà del "68 primi "69 la mia abitazione dopo un
acquazzone, in attesa
di una pennellata di colore.
L'impresa Pola i primi anni provvedeva ai pasti quotidiani
per gli operai e per loro stessi, mettendo sopra
il fuoco un grande paiolo con dentro il pranzo da cucinare.
Dopo circa tre o quattro anni, una sera d'estate
fu inaugurato anche l'Hotel Li Rosi Marini del Dr.
Grumetti, milanese ex funzionario di banca che aveva
abbandonato tutto per tuffarsi anima e corpo in questa
avventura. Male gliene colse. ma ne riparlerò più
avanti. Anche in questa occasione fu fatta una grande
cena e invitati tutti gli abitandi di Costa Paradiso , che
si svolse rigorosamente a lume di candela, non certo
a beneficio del folclore ma per necessità. C'erano tutti
gli abitanti di Costa Paradiso e naturalmente anche il
comm. Tizzoni e la Pepita, sua segretaria.
Ancor oggi, ne sono certo, che i partecipanti in qualsiasi
parte del mondo si trovino, a queste serate che
ritengo irripetibili, le ricorderanno con struggente nostalgia.
Ci sentivamo tutti dei pionieri e soprattutto una grande
famiglia. Il clima era quello, ma già molti di noi
pensavano a cosa sarebbe successo negli anni a venire,
dissociandosi a priori dal progresso e non disposti
ad accettarne passivamente le conseguenze. Il più accanito
era naturalmente Dino Grasso.
Ogni gruppo di abitazioni che venivano costruite, per
lui era un dispiacere. Lo comprendevo ed in parte
condividendo il suo pensiero, ma ero anche più realista
e propenso a credere una volta che ci fossero state
strade, acqua, luce, niente avrebbe potuto fermare il
progresso. Ne parlavamo, gli spiegavo che era inevitabile
perchè nell'ordine delle cose, ma niente da fare.
Già pensava di cercare un altro posto che avrebbe potuto fargli continuare quel tipo di vita che stava conducendo. Mi parlava sempre di una zona vicina completamente disabitata e in vendita.
Io dopo un mese che passavo in vacanza a Costa Paradiso, ritornavo al mio lavoro e avevo a ben altre cose cui pensare; ma uno come lui che trecentosessantacinque giorni l'anno li passava sul territorio, era ben diverso. Tizzoni del quale come di altri, ho già scritto in precedenza, Era stato l'inventore di Costa Paradiso e ne era l'anima. Ovviamente faceva il suo mestiere e sfruttava qualsiasi situazione per invogliare ipotetici clienti e Dino era caduto nella sua tela, appropriandosi dei suoi proclami, naturalmente quelli a lui più congeniali, anche se surreali e proprio per questo, meno realizzabili.
Un giorno mi vidi recapitare una pistola a tamburo calibro 357 magnum con relativo cinturone e pallottole. Tutto senza alcun preavviso al punto che preso alla spovvista mi trovai in difficoltà per la regolare denuncia, fintanto che non arrivò la fattura del negoziante quietanzata. Fu la mia compagna per qualche anno perchè non era raro muoversi dentro il territorio armati e inutile nasconderlo, faceva folclore. A questo proposito a quei tempi girava un certo discorso che non so fino a che punto fosse vero. Il colonnello dei carabinieri era venuto in visita a Costa Paradiso e successivamente andando alla stazione dei Carabinieri di Trinità d'Agultu pare dicesse loro: "se avete bisogno di un aiuto, chiedetelo a quelli di Costa Paradiso".
Estate 1969. Marco immortalato con l'armamentario
regalo del comm. Tizzoni.
Comunque la pistola era stato un omaggio di Tizzoni, come pure quando al mio arrivo nell'estate del 1970, trovai il pavimento dell'accesso al mio garage (circa una quarantina di metri quadri), completamente pavimentato in pietra e la casa non era più di colore chiaro, ma ripitturata nel colore che poi fu unificato su tutte le case di Costa Paradiso. E' vero che tra noi non c'era mai stato il più piccolo screzio, ed è pure vero che non di rado gli regalavo del pesce che pescavo, specie quando aveva ospiti a pranzo od a cena potenziali acquirenti, ma tutto ciò, a mio avviso non giustificava questi suoi gesti anche se ovviamente ben accetti.
(Murena e Cerniotto.
Tizzoni non faceva differenza gradiva comunque)
Inutile aggiungere che era un gran simpaticone anche se qualche volta i suoi scherzi per fortuna molto rari, andavano presi con le molle come quel giorno quando, si era in pieno Agosto, una volta arrivato con la macchina alla sbarra posta dove attualmente ci sono gli uffici dell'agenzia di Mela (era stata messa perchè gli estranei non potevano oltrepassarla se non accompagnati da uno degli incaricati) e anche all'epoca c'era un ufficio, lo vedo avvicinarsi e facendomi cenno di attendere mi porge un bicchierone appannato che dedussi essere pieno di acqua gelata, un toccasana alla mia arsura.
Davanti casa i miei figli Marco e Olivia con due amichette
da poco arrivate, Simona Scotti
a destra e Amalia Braccale.
Costa Paradiso - La Piana nella prima metà degli anni settanta.
Afferro il bicchiere e senza pronunciare parola, dopo
un vago cin cin, avvicino alla bocca quel nettare e tutto
di un fiato lo tracanno lasciandolo scorrere nella
gola. Lo sento scendere....e solo dopo una frazione di
secondo afferro la triste realtà, come non avrei potuto:
Stavo bevendo del fuoco sotto forma di grappa gelata
che dalla testa mi stava inesorabilmente scendendo
nelle viscere devastando tutto e dandomi l'impressione
di avere dentro un vulcano in piena eruzione, per
poi risalere alla testa. Capii, ovvio, ma troppo tardi per
porci un rimedio, ma non tanto da permettere a quei
due occhi che avevo di fronte e inperturbabili mi scrutavano,
di carpirmi anche la mia più piccola reazione
al dramma che in quel momento stavo vivendo.
A mie spese avevo capito perchè qui in Sardegna
chiamano filu ferro la grappa. Comunque con noncuranza
salutai, ringraziai e con la calma dei forti...
proseguii verso casa.
Non tornammo mai sull'argomento, non ci fu mai
spiegazione alcuna e così l'amico Tizzoni non ebbe
mai la soddisfazione di sapere dalle mie labbra cosa
avessi effettivamente provato in quei momenti.
Sempre pensando al commenda ci fu un periodo nel
quale aveva il terrore di essere rapito. Non per niente
portava la pistola ben nascosta sotto il calzino della
gamba destra e contrariamente a quanto credeva, tutti
ne eravamo a conoscenza.
Anche il Comita non ne fu del tutto immune, ovviamente
tanti anni dopo quando ormai la sua posizione
si era centuplicata al rialzo. Ricordo che un anno
capitando a Costa Paradiso completamente fuori stagione, lo trovai nel suo bar alle prese con una squadra
speciale della polizia a seguito di un rapimento avvenuto
non distante da Costa Paradiso e pareva che nel
mirino della malavita sarda ci fosse pure lui.
Poco alla volta le acque si calmarono e non successe
niente.
Lui continuò a lavorare ed a guadagnare. Da sempre
come spalla aveva suo cognato, Tonuccio l'addetto
alla cassa: era un infaticabile battitore libero. Avevo
preso l'abitudine ogni anno quando arrivavo a Costa
Paradiso, di andare a trovarlo e così per scherzo prendevo
tra le mie mani il suo ditone preferito l'indice
della mano destra, che era quello addetto a battere sulla
tastiera della cassa, per controllarne la lunghezza,
presupponendo che anno dopo anno un poco avrebbe
dovuto essere accorciato. Macchè era sempre lo stesso,
pareva una stalagmite alimentata non dalle gocce
d'acqua, ma dalla foga che usava nel battere con quel
ditone sulla tastiera.
Poi giustamente anche lui prese il volo e come tutti
coloro che ruotavano attorno a Costa Paradiso ebbe
la sua parte di raccolto, costruendo le basi della sua
nuova vita da commerciante.
Intanto la popolazione di Costa Paradiso era aumentata
e tra i nuovo abitanti non mancarono personaggi
noti come il pittore Giuseppe Banchieri, i fratelli
Giuffrè attori, il mago Zurlì della televisione, il regista
Michelangelo Antonioni che costruì la sua semisfera
al confine nord di Costa Paradiso, alla quale se ne aggiunse un'altra di più modeste proporzioni del pittore
Sergio Vacchi. A quei tempi si raccontava che quando
Michelangelo Antonioni un giorno, ormai padrone
del suo lotto, beato se ne stava seduto sopra un masso
di granito a godersi il paesaggiuo in lungo e in largo,
come vide la sua compagna di allora Monica Vitti avvicinarsi
per godersi pure lei lo spettacolo, l'apostrofò
con queste parole: "Scendi, qui c'è mio". Ovviamente
non posso giurarlo, ma lo ritengo veritiero. Ci fu girato
pure un film con il grande Walter Chiari. Ma non
mancarono i personaggi della moda, dell'industria:
generali, giudici, medici insigni; ma tutti o quasi con
gli anni destinati a scomparire, magari per andare in
cerca di altri luoghi meno invasi dal turismo come lo
era un tempo Costa Paradiso fino agli anni settanta.
Ritornando a Tizzoni, credo che nessuno sappia perchè
decise di mettere sulle strade di Costa Paradiso
le famose cunette, gioia e dolore degli automobilisti,
che a quei tempi non è che se ne vedessero molte nelle
nostre strade.
Sin dal 1970 tutti gli anni a primavera i miei cugini
Aimone, Manlio e Manrico e mio fratello Aligi, quasi
sempre accompagnati da qualche amico, venivano a
Costa Paradiso un paio di settimane e visto la gioia
che provavano in quei giorni, ritengo che fossero le
più belle vacanze della loro vita perchè facevano tutto
quello che volevano e soprattutto le cose che mai avevano
potuto fare nelle loro ville di Camaiore, Viareggio
e isola d'Elba.
Un anno Aimone in precedenza era stato in Venezuela
in visita alle proprietà della famiglia della moglie e ovviamente ne parlava spesso con noi e a volte era
presente anche Tizzoni che non disdegnava passare
qualche ora in nostra compagnia specie se c'era del
pescato. Successe che un giorno, non ne ricordo il motivo,
ma certamente per associazione d'idee, raccontò
che in quelle grandi distese poco abitate e ovviamente
con assenza assoluta per chilometri e chilometri di
qualsiasi tipo di controllo stradale, usavano utilizzare
le cosi dette guardie a terra così erano chiamate quelle
cunette, che messe di traverso la strada, obbligavano
gli automobilisti a rallentare l'andatura. Praticamente
facevano egregiamente lo stesso servizio degli addetti
a questo controllo. Fu un po' come l'uovo di colombo
all'orecchio attento del Tizzoni al quale piacque tanto
l'idea, che di punto in bianco decise che l' avrebbe
realizzata anche a Costa Paradiso. Fu di parola perchè
quando dopo un paio di mesi tornai con la famiglia, le
guardie a terra erano già in funzione, con le benedizioni
infuocate dei residenti ai quali naturalmente il sottoscritto
si guardò bene di dare spiegazione sul motivo
della loro esistenza in loco.
Un giorno, avendo trovato una grossa tartaruga nella
campagna sarda, la portai a casa e prima di liberarla,
il commenda volle dipingere sul suo dorso il sole, emblema
di Costa Paradiso.
In un altra circostanza, si era nel 1969, s'inventò le chiavi di Costa Paradiso che regolarmente distribuì a quei pochi proprietari che avevano costruito, perchè a suo dire, molto presto nessuno sarebbe potuto entrare senza di esse. Infatti dopo non molto, chiunque contrariamente a quanto era successo fino ad allora..... poteva entrare e uscire liberamente.
Infatti, come pensavo, ho trovato la chiave e puntualmente l'ho inserita.
Questa benedetta chiave, che tenne per un bel po' di
tempo su di giri la pattuglia di Costa Paradiso, io ce ho
ancora anche se non ricordo dove possa essere, immagino
nel fondo di qualche cassetto, ma debbo aggiungere,
che anche decidessi di buttarla, credo proprio che
non ne sarei stato capace.
Infatti, come pensavo, l'ho cercata. l'ho trovata e subito
riprodotta in questo contesto.
Geggè ormai cittadino francese, a seguito dei suoi trascorsi
nella Legione Straniera e nel Vietnam, veniva
tutti gli anni a passare le ferie con me in qualunque parte
andassi e questo sin dai tempi della tenda poi della
roulotte e naturalmente ormai da anni a Costa Paradiso.
Di lui ho scritto a lungo in altra circostanza e non sto
a ripetermi, fatto sta non mi aveva mai detto di avere
pure lui acquistato un lotto. Lo venni a sapere da Tizzoni
perchè "il mio amico" così mi disse ,"non onorava
le scadenze fissate per il suo pagamento". Andò a finire
che di punto in bianco, essendo gli interlocutori passati
tra il patetico ed il sentimentalismo con un pizzico di
responsabilità almeno morale, divenni mio malgrado,
proprietario di un quinto lotto.
Non potendo intestarlo a nessuno della famiglia dato
che per statuto, chi aveva già fatto un rogito, non poteva
fare il secondo ed io e Maria lo avevamo già fatto
ed essendo i nostri figli ancora dei ragazzi, in un primo
momento, lo parcheggiai da Tizzoni, ma poi visto le sue
insistenze, non potei fare altro che trovare il solito amico
compiacente a prenderselo in carico.
Dopo qualche anno lo cedetti in permuta ad un impresario
che aveva l'ufficio al bar di Comita e correva voce
che prima di fare contratti, per rendere più malneabile
il cliente, prima lo annaffisse abbondantemente di Vermentino.
Erano dicerie e non so fino a che punto fossero
vere. Che tenesse l'ufficio al bar quello lo so per certo,
so pure quello che accadde a me e poi ognuno ne tragga
le conclusioni che crede.
Fui invitato a desinare all'isola Rossa con altre persone
tutti Sardi che conoscevo e tra pranzo e libagioni varie
si prolungò fino al tardo pomeriggio. Dopo io e l'impresario
firmammo il contratto di permuta e dopo ancora
restituii con due o tre aonchi ...tutto quanto mi era stato
generosamente offerto. Intendiamici non sarebbe stato
un pessimo affare se fossero stati rispettati i patti, cosa
che purtroppo non avvenne e me la cavai per il rotto
della cuffia.
Per finire su Geggè devo riconoscere che dopo la sua prima venuta a Costa Paradiso e resosi conto che non c'era corrente elettrica, l'anno successivo mi portò un generatore di corrente, che fu molto utile. Ma purtroppo ebbe vita breve perchè si guastò. Comunque l'intenzione fu molto apprezzata da Maria.
Ritornando all'amico Dino Grasso non posso avere che
dei bei ricordi anche se era un tipo che quando si metteva
in testa una cosa, non la cambiava fino a quando non
se l'era rotta e il brutto era che, purtroppo per lui, sarà
stato un ottimo ufficiale di cavalleria, ma come esperienza
marinara era zero. Quando decise di comprarsi
una barca, nonostante le mie insistenze di prendere un
gommone, imbarcazione ideale per la zona, decise per
una barca di materiale plastico. Una sera ebbe pure la
dabbenaggine di ormeggiarla alle Baiette con una cima
a prua legata ad uno scoglio e la poppa legata ad un altro
scoglio. Si alzò il maestrale, un fatto tutt'altro che raro
in quella zona e un colpo di mare la ridusse in frantumi;
il pezzo più grosso non credo superasse i cinquanta centimetri.
Bacman invece decise per un barcone in legno.
Solo per metterlo a mare ci voleva una mezza dozzina
di persone. Tornando a Dino, purtroppo aveva scelto di
vivere da pensionato, in una zona per lui sbagliata. La
amava da morire, faceva parte dei suoi sogni, ma non
era nella sua cultura e oso dire per il suo fisico. Resistette
tanti anni, ma alla fine si arrese. Vendette tutto
e andò alla Maddalena dove acquistò una bella villetta
nella zona vicino alla base militare.
Lo andai a trovare alcune volte ma lo vedevo irrequieto.
Lo angustiava anche un malanno che aveva preso quando era in servizio nelle ex colonie e che tra l'altro non
gli era stato riconosciuto nella pensione. Gli chiesi se
voleva che me ne interessassi e accettò di buon grado.
Alla prima occasione che andai a Roma chiesi di essere ricevuto dal sotto capo di stato Maggiore dell'Esercito che era mio cugino Adriano. Non lo avevo più visto dai tempi che era venuto a Lucca nostro ospite e nella circostanza, conobbe la donna che poi fu sua moglie. Mi accolse molto bene, ci fu anche l'occasione di chiedergli se poteva fare qualche cosa per Dino e lui mi assicurò che si sarebbe interessato.
Dopo qualche mese durante i miei giri per lavoro ritornai alla Maddalena e andai a trovarlo, le sue parole furono: "Ma lo sai che sono venuti persino i carabinieri a casa per portarmi la buona notizia che aspettavo da anni". Ne fui felice per lui e stranamente fu l'ultima volta che lo vidi. Venni a sapere che si era trasferito verso Barletta dove aveva dei parenti. L'ho cercato e ricercato inutilmente e alla fine mi sono detto che se voleva rivedermi sapeva dove trovarmi.
Un altro personaggio a Costa paradiso fu Grumetti, quello che costruì l'Hotel Li Rosi Marini. Questo bel nome lo aveva preso in prestito dalle Rose di mare che in primavera spontaneamente nascevano in loco. Volutamente ho usato il verbo al passato, perchè ormai sono quasi del tutto scomparse. Grumetti, era venuto a Costa Paradiso, non casualmente come tanti di noi, ma con un progetto ben preciso e ovvimente ritengo con tutte le pezze d'appoggio necessarie alla sua realizzazione. Non mi sono mai interessato a conoscere quali fossero stati i motivi che lo avevano portato a rompere con tutti e intendo quelli che contavano e lo finanziavano, ma più tempo passava più i suoi problemi divenivano impellenti. Ci fu un periodo che tutti lo evitavano e lo ignoravano, non i villeggianti ma quel mondo di personaggi piccoli e grandi che in qualche modo erano legati al destino di Costa Paradiso. Non mi si chieda il motivo perchè non lo so e non mi è mai interessato saperlo.
Con i miei cugini Manrico e Manlio e mio fratello Aligi, "clienti fissi"
tra Maggio e Giugno,
pronti per la messa a mare del gommone.
Il muraglione in cemento lato mare, lo fece costruire Tizzoni.
Qui all'epoca c'era la sabbia e diverrà sede del "Club Marino". Fui pure
rimborsato per
qualche piccolo lavoro fatto in precedenza a mie spese,
lo scivolo a mare per le barche.
A destra la prua del barcone di Bacman.
Quante belle serate ho passato in special modo in primavera quando venivano miei cugini e amici. La zona era come ai primi tempi praticamente disabitata e le serate dopo una giornata passata in mare con il gommone le passavamo molto spesso all'albergo. Qualche volta ci andavamo a cena, non sempre perchè anche le nostre cene a casa e le relative mangiate di pesce non è che fossero da meno, ma avevamo la possibilità si scendeva ai biliardi dove avvenivano i colpi bassi, le lotte, ma sopra ogni altra cosa, le risate.
Ritornando a Grumetti, se dico che tutto sommato era
un brav'uomo è perchè ne ero convinto, nonostante
i suoi difetti e le sue scorrettezze, che in buona parte
erano dovute all'impellente necessità di denaro, indispensabile
per la sopravvivenza della sua attività, sulla
quale aveva puntato tutto.
Una volta, non potè esimersi da venire a Lucca, mai
successo prima e dato che mi trovavo in ospedale con
i postumi di una operazione non di poco conto, trovò il
coraggio (della disperazione) di chiedermi un prestito.
Non potei esimermi e lo contentai, pensando in quale
stato di depressione si trovasse per arrivare a tanto.
Aggiungo per correttezza, che alla scadenza onorò il
suo debito.
Ma la cosa più eclatante fu quando arrivò a far dirottare
un aereo di linea che proveniente da Milano avrebbe
dovuto atterrare ad Alghero, ma che per il forte vento,
il comandante aveva deciso ( l'aeroporto di Olbia
all'epoca non esisteva) di proseguire ed atterrare a Cagliari.
Non gli fu possibile perchè Grumetti, fingedosi
armato, lo obbligò nuovamente ad invertire la rotta e,
vento o non vento, atterrare ad Alghero.
I giornali descrissero l'accaduto con lo spirito giusto e
le conseguenze per Grumetti furono lievi. Solo il fatto
diventò una barzelletta da raccontare la sera a veglia
con gli amici. Tutto perchè aveva una scadenza inderogabile
e non poteva mancare di onorarla.
L'altro personaggio che ruotava nel bene o nel male
attorno a Costa Paradiso, fu il Comita. E' stata veramente
la persona che giorno dopo giorno per tanti e
tanti anni proprio per il lavoro che esercitava, conobbe tutti. Pur sempre limitandosi a fare il suo lavoro,
pensando ai fatti suoi e, buon per lui, ad arricchirsi,
man mano che aumentavano le cupolette ( locali) che
si costruiva, in egual misura aumentava il suo prestigio
nell'ambito della comunità, specie degli addetti ai
lavori. Diventò come si dice, una persona che conta.
Ricordo che mai al mio arrivo, dimenticasse di offrirmi
un caffè. Era il suo modo di darmi il benvenuto e
penso fosse un gesto per manifestarmi la sua simpatia.
Ne ebbi la prova quando un impresario, al quale avevo
dato l'incarico di un lavoro di restauro alla villa che
mi era costato svariati milioni di vecchie lire, lo aveva
eseguito commettendo grossi errori e tergiversava a
rimediare al mal fatto.
Mi capitò di parlarne al Comita che tra l'altro era suo
amico. Ebbene, non so cosa gli abbia detto per riuscire
a convincerlo, ma dopo alcuni mesi quando feci ritorno
a Costa Paradiso, il lavoro era stato rifatto e questa
volta ad opera d'arte.
Una particolare menzione merita Mario il bagnino.
Iniziò questo lavoro già agli albori di Costa Paradiso,
quando le barche a secco nel porticciolo creato con
l'ausilio di un muraglione a mare dal comm. Tizzoni,
nel momento di maggior afflusso... erano tre: il mio
gommone, la barca in plastica di Dino e il barcone in
legno di Bacman. Sopravvisse il gommone, le altre
due barche inadatte a questo mare, fecero una brutta
fine.
Tre anni dopo nel 1971 il porticciolo che aveva pure
una piccola spiaggia di sabbia ormai sparita da tanti
anni, venne adibito a "Club Marino". Divenni socio
ed ebbi la tessera n.4 oltre ad un piccolo rimborso per
alcuni lavori di muratura che avevo fatto fare. Si trattava
di uno scivolo a mare in cemento per le barche. Il
presidente del Club era un generale in pensione che
con gli anni, divenne pure.... un piccolo dittatore.
La tessera del Club Marino.
Con l'arrivo di nuove persone, aumentarono pure le barche e Mario ebbe il suo daffare. Aveva una piccola proprietà al confine con Costa Paradiso nella parte alta ad est e Tizzoni venuto a conoscenza che nel sottosuolo c'era una sorgente, ne comprò una parte e potè così aumentare le riserve idriche di Costa Paradiso. Mario nel residuo terreno che gli era rimasto, ci teneva qualche capo di bestiame e per arrotondare lo stipendio di bagnino che poi si limitava a tre quattro mesi estivi, pensò di mettersi in commercio vendendo ai residenti i prodotti del suo piccolo allevamento (latte, formaggio, uova, ecc.) che consegnava personalmente a domicilio. Lo faceva di nascosto perchè ormai il Comita avendo messo un negozio di generi alimentari, venendone a conoscenza poteva farlo smettere. Io per la verità ho sempre pensato che ne fosse a conoscenza da sempre, pronto a muoversi ma solo se avesse visto che questo piccolo traffico fosse arrivato ad un livello tale da pregiudicare la sua attività, cosa che mai avvenne.
Dopo diversi anni ebbe l'idea geniale: Forse anche stanco del lavoro che faceva, sul suo terreno che lo ricordo confinava con il territorio di Costa Paradiso, costruì due stanze e una tettoia; di fatto mise su un piccolo ristorante. Il muretto di confine esistente chissà perchè franò in un punto strategico di quel tanto da permettere agli abitanti di Costa Paradiso di sconfinare e andare nel suo locale. Ci fu una piccola guerra. Il muretto periodicamente veniva ripristinato dalla comunità, ma chissà perchè... nuovamente franava. Questa storia durò parecchio tempo, ma Mario non mollò mai. Alla fine, anche forse non estranea una certa simpatia che riscuoteva presso i vecchi residenti, l'ebbe vinta. Non sono a conoscenza come fu messo tutto a tacere, se ci furono accordi od altro, ma una cosa è certa: il ristorante ha sempre funzionato.
Sono anni che non ci vado, ma penso ci sia ancora e
magari si sarà ingrandito.
Ultimissime, approfittando di una fugace visita a Costa
Paradiso mi sono reso conto della situazione ad
oggi. C'è tanto di cartello Agriturismo e pure un ingresso
che non da più adito a dubbi.
Il ristorante di Mario, oggi agriturismo ed il confine
della discordia ormai sanata.
Con questo secondo scritto ritengo esaurito sia pure per sommi capi, l'argomento sulla Comunità del Territorio di Costa Paradiso e su alcune persone, a mio avviso le più importanti, che hanno contribuito non poco alla sua realizzazione di un grande centro turistico come lo è oggi.
Dicembre 2009
La mia villa dopo oltre quaranta anni con l'aggiunta di due villette,
una sul retro e l'altra
all'estrema sinistra.
Nell'acquisto finale di Tizzoni, come l'ultima pennellata ad un gran
bel dipinto, un vero e
proprio amarcord, la spiaggetta "Li Cossi".
Costa Paradiso(tre)
Una volta che ho deciso di fare dei racconti su Costa
Paradiso, inseriti assieme a tante altre cose sul mio
sito, pure un volumetto cartaceo, opportuno per qualche
nostalgico che non ha la possibilità di leggerli su
internet, allora ho pensato perchè non completarli,
colmando le eventuali lacune o dimenticanze al momento
esistenti.
Ci sono almeno alcuni momenti ben precisi che fanno
da spartiacque a questa storia e cercherò di spiegare
al meglio e per ordine.
Costa Paradiso nacque come Cooperativa RSL con
sede provvisoria a Milano in via Pietro Da Cemmo,
ma non molto tempo dopo nel 1968, la sede fu trasferita
a Trinità D'Agultu in Gallura.
All'epoca, come tanti altri paesi in zona, era poco
più di un paesotto e per arrivarci chi proveniva da
Tempio Pausania trovava una strada bianca molto
mal messa a tal punto che il mio collaboratore di Aggius
Matteo Sanna, si rifiutava sempre di andare con
la sua auto a visitare quel solo cliente che avevamo
in loco "Terzitta" ad oggi ancora in attività e io per
correttezza verso il cliente e coerenza con me stesso,
accettavo di buon grado di andarci usando la mia
Alfa. Chi invece proveniva da Castelsardo, il tragitto
era tutto una buca e lungo la strada si incontrava quasi
esclusivamente ed in quantità i simpatici e piccoli
ciuchi sardi con la soma carica all'inverosimile. Infine da Santa Teresa di Gallura era impossibile arrivare
perchè oltre la pavimentazione della strada disastrata,
al un certo punto c'era un interruzione causa un ponte
iniziato e mai completamente finito.
Feci l'atto di acquisto del solo terreno denominato lotto
A 68 il cui rilievo portava la data del 23 settembre 1967
e nel mese di Marzo del 1968 il progetto della mia casa
eseguito dall'architetto Alberto Battigalli fu approvato
dal comune di Trinità D'Agultu. Così ne potei disporre
giusto in tempo utile da permettere a mia moglie Maria
e i figli Marco e Olivia, di trascorrerci la loro prima
estate. Marco aveva tredici anni ed Olivia cinque anni e
mezzo. Io purtroppo dovetti contentarmi di un solo un
mese. Ma che mese.
Avevo prenotato e stavo ancora pagando le rate di quattro lotti, come già ampiamente spiegato in precedenza, ma c'era stato un accordo che mi permetteva di posticipare il contratto degli altri tre, perchè a me interessava regolarizzare quello sul quale poi avrei costruito. Va precisato che il piano regolatore prevedeva la costruzione di mc 450 su ogni singolo lotto di Mq 1000, ma nella realtà la superficie del terreno nel rogito era molto più grande mi pare di ricordare fosse mq. 5000. Gli altri quattromila facevano parte dello spazio non definibile che assieme a tutti gli altri, sarebbe stato adibito ai vari servizi, strade, zona verde ecc. Questa in linea di massima era la regola, con la sola eccezione di una zona quella più a nord, nella quale venivano venduti lotti più grandi e di conseguenza con la possibilità costruire ville il cui rapporto era da uno a due. In pratica da un lato si poteva costruire una villetta di mq 150 e dall'altro si poteva costruire sempre una sola villa ma di mq.300. In comune avevano la possibilità di costruire singole ville di varia grandezza ma assolutamente non trilocali o bilocali e non parliamo delle così dette celle abitative. La prospettiva di essere compartecipe dal nulla alla fondazione di una comunità in una natura incontaminata, di fronte ad un mare stupendo, tra fantastiche rocce rosse, era un incentivo non di poco conto. Infatti chi si era prenotato all'acquisto, naturalmente mi riferisco alla stragrande maggioranza, non aveva in mente speculazioni, che al limite potevano essere l'ultimo dei loro pensieri. Tutti gli acquirenti non necessariamente ricchi, avevano in comune il piacere di sentirsi liberi, di rompere completamente con il tran tran di tutti i giorni e di avere la possibilità di godersi in beata solitudile la meraviglia di quella natura, di quel paesaggio e la bellezza di quel mare e i suoi faraglioni, non parliamo poi degli amanti come il sottoscritto, della pesca subacquea. A questo proposito una volta trovandomi in pochi metri d'acqua a due passi dalla scogliera, mentre guardavo con la maschera il fondo per cercare qualche preda, vidi passare sotto di me una fila di Ricciole di uno o due chili massimo. Erano centinaia tutte in fila una dietro l'altra dirette a sud. Sparando con il fucile a caso ne presi una e loro, all'unisono tornarono tutte in dietro, formando un grande cerchio sotto di me, per poi in un attimo scomparire. Poi gli incontri con i Barracuda subito a ridosso dell'isolotto di fronte a Costa Paradiso.
Ricordo che nella parete a nord di questo isolotto, non di rado era sufficiente immergersi a 12-15 metri per trovare le aragoste. Se ne stavano dentro gli anfratti, ma venivano tradite da11e loro antenne. Era sufficiente una cauta intromissione di una mano e una rapida presa e il gioco era fatto. Andando con il gommone verso il largo direzione Ovest, a non più di ottocento mille metri, dalla costa facendo la pesca di fondo, mi imbattei in una secca. Decisi di usare il respiratore per capire meglio e immediatamente mi resi conto che praticamente di trattava di una collinetta a forma di piramide che da una base molto ampia e dalla profondità di quaranta quarantacinque metri saliva a non più dieci metri dal livello del mare. Sul fondo proprio a ridosso e ai suoi piedi, ci trovai del corallo, non quello matto, ma vero. Dei bei rami neri che una volta portati in superficie presero il loro colore naturale rosso vivo. Ci ritornai a distanza di un anno, ma non c'era n'era più traccia. Certamente dei corallari l'avevano individuato e fatto piazza pulita. Un'altra volta, mentre ero su un fondale che nelle tante battute di pesca non avevo mai avuto l'occasione di bazzicare, mi imbattei su i resti di un relitto che all'epoca credetti di un guardia costiera. Sotto la sua chiglia o la parte che ne era rimasta, molti pesci ne avevano fatto la loro tana e per questo motivo anche in seguito continuai a frequentare questa zona. Così ebbi l'opportunità di trovare vari oggetti appartenenti a questa nave, ma quello che più di ogni altra cosa mi incuriosì fu il ritrovamento della targa che in tutte le navi sta all'esterno della plancia, che mi permise di conoscerne il nome, il numero, l'anno del varo, nonchè la nazionalità e altri dati.
Fu l'unico oggetto che tenni per me, parlo di oltre
quranta'anni fa. Solo da alcuni giorni, tramite
mio genero Franco, mago dell'informatica, sono venuto
a sapere che questa nave era un cargo affondato
nel 1932 vicino a punta Vignola. Ci sono pure le foto.
Chi volesse approfondire, l'indirizzo è questo:
http://www.tynebuiltships.co.uk/Q-Ships/queenmaud1909.html
La targa del cargo "Queen Maud"
recuperata nel 1970, prima e dopo la cura
Mi è capitato pure di individuare a nord dell'Isola Rossa anfore granarie nonchè un ancora di piombo ben più antica e piuttosto grande.
I Delfini che non di rado, a centinaia passavano non
lontani dalla costa, permettevano di essere avvicinati
senza mai dare l'impressione con i loro gioiosi salti,
di essere aggressivi.
Costeggiando verso il nord bastava battere le mani,
per vedere uscire dagli anfratti delle pareti voli di colombi
che poi si ricomponevano tornando nei loro
nidi situati nella parte alta della scogliera.
I Cormorani erano di casa. Da loro guardandoli pescare,
imparai a fare la capriola per immergermi
subito dopo avere effettuato l'iperventilazione. Un
pomeriggio, mentre pescavo alla traina le solite occhiate
lungo la costa più a nord di Costa Paradiso, mi
capitò di pescare pure... un cormorano. Certamente
ingannato dalla penna della mia traina abboccò e l'amo
gli rimase in gola. che sofferenza reciproca per
poterlo liberare da quel corpo estraneo.
Solo alcun esempi di come era questa zona: sopra,
sotto il mare e tutto attorno.
Mancava la luce elettrica è vero, ma poco male, le
stelle di notte erano più brillanti. Le strade appena
tracciate non erano un gran problema e quell'aria di
avventura che aleggiava, collegata al gusto della scoperta
e la sensazione il sentirsi dei pionieri, si respirava
a pieni polmoni.
Questo è il primo periodo, il più bello che dalle origini di Costa Paradiso si protrasse per qualche anno.
Ognuno di noi si sentiva importante e partecipe ma
soprattutto consapevole di vivere una bella avventura.
Si amava godere dei grandi silenzi, dei tramonti
mozzafiato e il rinunciare ai privilegi del benessere
sapevamo perfettamente essere il prezzo da pagare.
Poca acqua, niente luce elettrica, niente strade, il segreto
stava in queste tre cose e noi pochi residenti,
eravano come un unica famiglia.
Ci frequentavamo e la sera ci si riuniva cenando a
turno nella varie ville e il Vermentino con il pesce
pescato nella giornata, se la facevano da padrone.
Era il periodo nel quale non era raro leggere sui giornali
locali frasi tipo questa: "A Costa Paradiso hanno
messo le prese d'acqua antincendio nelle strade,
ma acqua non ne hanno" con foto allusiva di una colonnetta
dall'apparenza assetata, messa a lato di una
strada polverosa. Un quadretto da terzo mondo.
In realtà proprio all'inizio non essendoci le tubature
l'acqua ci veniva fornita con una manichetta, che
quando arrivava alla nostra casa la sua temperatura
era quella giusta per fare una bella doccia calda....
Questa fase la prima ebbe termine quando, in una
assemblea dei proprietari fatta a Roma, dopo un lungo
e non facile dibattito, nonostante la contrarietà di
una folta minoranza, fu deciso di far arrivare a Costa
Paradiso, il progresso: "Fiat lux" e fu l'inizio della
seconda fase.
Dalla corrente elettrica alle strade anche se bianche,
all'acqua che non fu più un problema per la tempestività di Tizzoni ad acquistare un terreno confinante
come seppe dell'esistenza nel sottosuolo di una sorgente,
queste tre cose contribuirono non poco, nel
giro di due o tre anni a far aumentare se vogliamo
ancora in quantità accettabile le abitazioni e cosa
importante, costruite come da progetto iniziale. Di
pari passo ci fu più libertà e anche agli estranei fu
permesso di entrare e visitare il territorio liberamente
senza particolari divieti. Chiunque avesse voluto
visitare il territorio di Costa Paradiso, lo poteva fare
senza accompagnatori e così di conseguenza fu tolta
la sbarra posta all'inizio della discesa al mare ormai
inutile.
Resistette e sempre ha continuato ad esistere quella
posta poco distante al bivio che immette nel territorio.
Ma ormai le famose chiavi che in pompa magna
ci aveva consegnato Tizzoni con su inciso i nostri
nomi , le chiamava le chiavi del paradiso, non avevano
più alcun senso se non simbolico e tutto contribuì
piano piano allo sgretolamento di tanti sogni che
inevitabilmente causarono i primi allontanamenti da
parte di chi ormai si sentiva tradito dalle sue promesse.
Ad onor del vero dimenticando che quello era il
suo lavoro e lo era a tutti gli effetti e allora come
dargli torto? I simboli viventi da lui stesso inventati
i coniugi Luce e Dino Grasso, primi abitanti di Costa
Paradiso che ci avrebbero abitato in permanenza,
certo non la pensavano allo stesso modo perchè per
primi si erano pure illusi che tutto sarebbe continuato
come era iniziato.
Ma ormai i tempi erano maturi per l'arrivo della terza
fase.
Come era facilmente prevedibile, con il progresso
ci fu un impennata di acquisti e Costa Paradiso non
fu più la stessa. Era ovvio, inevitabile e se vogliamo
anche giusto, ma addio ai sogni degli illusi e questa
volta il comm.Tizzoni non trovò argomenti sufficienti
per fermare i coniugi Dino e Luce Grasso, che
poco dopo vendettero la villa per trasferirsi altrove,
nell'illusione di trovare quello che era stato per un
breve spazio di tempo, il miracolo di Costa Paradiso.
Prendendo in prestito il titolo di un libro scritto da un
amico, chiamerei quel periodo l'età dell'oro.
Ormai al termine di questa fase intermedia, sopraggiunse
l'ultima che stranamente coincise con un fatto
grave e mai sapremo se tra le due ci fosse stato o
meno un qualche nesso. Fu un punto di arrivo con
una ripartenza tutta diversa.
I locali adibiti ad ufficio che a suo tempo erano stati costruiti in legno, furono distrutti completamente da un incendio con tutti i documenti in essi contenuti e dopo fu come se a Costa Paradiso tutto dovesse ripartire da zero. Non voglio assolutamente pensare che questo incendio direttamente o no, sia stata la causa del successivo cambiamento, ma certo non contribuì a migliorare la situazione.
Senza andare a pignoleggiare sui particolari, la cosa
che più influì in negativo, fu l'approvazione poco
dopo da parte della Regione Sarda di un nuovo piano regolatore che permetteva a Costa Paradiso una lottizazione
molto più permissiva della precedente.
Società immobiliari che fino ad allora si erano tenute
a debita distanza, cominciarono a guardare con interesse
a cosa stava succedendo su quel tratto di costa,
vedendo ora buone prospettive di guadagno. Quella
che dette il via fu l'Isvitur (con il senno del poi forse
la meno adatta), con la costruzione del villaggio
Maja, poco male, ma fu solo l'inizio e come le ciliegie
che una tira l'altra da allora c'è stata un ininterrotta
sequenza di speculazioni piccole e grandi, fino
ad arrivare ai giorni nostri.
Per carità se la legge lo consentiva, tutto regolare,
ma siamo sinceri: per i "vecchi" e per vecchi intendo
chi costruì dal 1968 ai primissimi anni del 1970, fu
come un vero e proprio tradimento e Tizzoni come
accennato in precedenza, lo sapeva perfettamente, a
tal punto che, forse dopo essersi fatto un esame di
coscienza, fece l'ultimo acquisto a sud dell'albergo
Li Rosi Marini come voler dare loro un contentino,
commentandolo: "così gli abitanti che verranno potranno
immaginare come era una volta Costa Paradiso".
Infatti. C'est la vie.
Novembre del 2013
La Piana di Costa Paradiso nel 2012